
Carovana senza fine
percorrono
ciascuno il loro tratto
di una mortale traversata
rotolando il loro oscuro carico.
Rachele viene,
Rachele torna,
cogli occhi vitrei
e il grembo avaro
«perché non sono più»:
intima sciabolata,
inconsolabile lamento
di un pianto muto e amaro.
Rachele viene,
Rachele torna.
Il futuro è segnato
il passato è liquido e sta alle spalle
guida la sorte alla deriva
e a spasso nel largo del vento
che cambia di umore
secondo le ore.
Profezia è un canto che rimbomba,
nella ruga di una storia che spiomba.
Trame di morte tessute dai potenti,
Mediterraneo come il Nilo
-saturo-
di incolpevoli infanti.
I faraoni sono sempre moderni
-stanno in agguato-
si vestono da padreterni
operano il male
affogano la vita
dentro un cimitero senza tombe
fatto di pesci, acqua e sale.
Da quelle numerose morti Egli ancora parla
-lo senti il rantolo?
Colui che la vita la dona
e insegna ad amarla:
«Essi torneranno dal paese nemico».
«Chi è il pericolo?»
«Chi è in pericolo?»
Rachele viene,
Rachele torna.
«Sono venuta a vela sul carro delle onde»:
è vita che abbraccia la Vita
e la protegge nella una lacuna di uno spasimo.
Il dolore ha il suo fondo fecondo,
luce di lacrima negli occhi
che brilla pure al buio, senza cadere.
Luce è ancora,
e per questo inarrestabile.
Testo di Elettra Ferrigno © Photo di Massimiliano Ungarelli in collaborazione con Associazione Catartico