La persona giusta non esiste. Il racconto di Tobia e Sara, tra illusioni e falsi miti del nostro tempo.

“Non c’è nessuna persona giusta. Non esiste né in terra né in cielo né da nessun’altra parte, puoi starne certa. Esistono soltanto le persone, e in ognuna c’è un pizzico di quella giusta, ma in nessuna c’è tutto quello che ci aspettiamo e speriamo. Nessuna racchiude in sé tutto questo, e non esiste quella certa figura, l’unica, la meravigliosa, la sola che potrà darci la felicità. Esistono soltanto delle persone, e in ognuna ci sono scorie e raggi di luce”.

Qualche giorno fa mi sono imbattuta in questa citazione tratta dal libro “La donna giusta” dello scrittore e giornalista ungherese Sandor Marai e sono rimasta molto colpita, tanto da averci cominciato a riflettere più a lungo di quanto potessi immaginare. La persona giusta è un falso mito, tutto da sfatare. In quelle poche righe, alle quali sembrerebbe impossibile aggiungere altre parole, è completamente sovvertito l’alibi delle nostre solitudini e dei fantasmi che aleggiano sul tipo di relazioni che sembrano governare ed abitare il nostro tempo. Quante volte alla domanda: “Come mai sei da solo/a?”, si è data un’unica, asciutta risposta: “Non ho ancora trovato la persona giusta…”. Oppure, quante volte, più per diktat superficiali che per sinceri sentimenti di compassione o empatia, alcuni hanno pronunciato la famosa sentenza: “Arriverà, la persona giusta arriverà… quando meno te lo aspetti!”.

Si sa, per le vite degli altri abbiamo sempre la soluzione! E’ per le nostre che continuiamo ad arrabattarci come ragni che filano, talvolta, le loro stesse prigioni.

Anche io, che dall’amore – vero o presunto – mi sono lasciata scavare molte volte, sono più che convinta che la persona giusta non esista. No, non è l’irruzione inattesa di un pessimismo cosmico che ha inarcato la mia speranza, né tantomeno l’indolenza di chi ha gettato la spugna o il cinismo di un cuore indurito. Trattasi, semmai, di un attacco di puro realismo. Per avvalorarlo, scelgo un racconto di finzione, che però, aiuta a leggere il reale. Vado a scomodare la Sacra Scrittura, perché in realtà è lei a scomodarmi di continuo. Tra i libri storici dell’Antico Testamento, troviamo quello di Tobia. La storia è quella di un amore a lieto fine: dopo una lunga serie di accadimenti spiacevoli per entrambi, i protagonisti, Tobia e Sara, guidati dalla preghiera e dalla figura di un mediatore, convolano a nozze. E vissero felici e contenti, verrebbe da concludere. Perchè il racconto, sembrerebbe mostrare che non solo la persona giusta esiste, ma Dio ne ha pensata una – unica e sola – per ciascuno di noi, sin dall’eternità. Allora come navigare a vista tra il falso mito della persona giusta e l’accettazione, per fede, del fatto che è Dio stesso che per primo – in quella pagina indimenticabile in cui afferma: «Non è bene che l’uomo sia solo: gli voglio fare un ‘dirimpetto’ che gli sia simile» – è sollecito a provvedere “la persona giusta” per noi? Come far dialogare le due visioni, così apparentemente opposte tra loro?

Il libro di Tobia è un racconto iniziatico che descrive il progressivo trasformarsi della persona fino a rendersi pronta all’unificazione con un’altra. Come? Innanzitutto mettendo in risalto la profonda divisione interiore di ogni cuore, attraverso le figure dei due protagonisti, i quali via via ci aiutano a riconoscere lucidamente gli aspetti del nostro essere ai quali non permettiamo di esprimersi. I loro percorsi ci permettono anche di riattivare il collegamento fra il centro del nostro essere e la sorgente divina. Questo lavoro è un’opera di riunificazione, un passaggio chiave per l’integrità interiore. Riunificarsi con se stessi, prima di proiettarsi fuori e sperimentare l’unità dentro un’alterità è una tappa obbligatoria. Infatti, noi siamo stati tutti Uno nell’infinito del cuore divino. I primi tre capitoli di Genesi descrivono, mediante immagini, quest’uscita dall’unità originaria. Quando siamo stati proiettati nell’esistenza quotidiana, siamo entrati nella molteplicità, nelle lacerazioni interiori e nelle contrapposizioni esteriori. Ma segretamente dentro di noi continua a brillare il ricordo dell’unione originaria, forse quella che abbiamo conosciuto nel grembo materno, ma soprattutto quella che abbiamo conosciuto nel grembo di Dio, da tutta l’eternità. Questo ci dà il gusto e il desiderio di realizzare una nuova unione, non più caratterizzata dalla fusione, ma dalla distinzione, dalla coscienza e dall’amore. Questa grande opera alla quale possiamo sentirci chiamati può essere realizzata solo percorrendo la strada della trasformazione, che non si esaurisce mai e che rilancia costantemente, di evoluzione in evoluzione. Chi intraprende un cammino verso la trasformazione interiore deve essere molto attento alle persone che incontra e a ciò che avviene in lui e attorno a lui. Infatti la vita parla negli eventi che accadono. Molti avvenimenti non sono mere coincidenze casuali, ma sono collegati da un filo invisibile. Sta a ciascuno scoprire questo collegamento e meditarlo, attraverso un continuo e profondo ascolto di sé. Ciò che Jung ha chiamato «sincronicità», nella tradizione cristiana viene definito «provvidenza» o «comunione dei santi». 

Il tempo di Dio è un tempo coniugato al presente, il (suo) modo è all’infinito… Egli opera nella storia personale di ciascuno abbracciandone la volontà e i desideri, sempre in un’ottica di eternità. E’ erroneo pensare che la Volontà di Dio sia perentoria e indiscutibile, essa non rigetta nemmeno una delle obiezioni umane e, anzi, le abbraccia. Dio si pone in relazione con l’uomo, ascoltandone desideri e assecondandone le inclinazioni. L’uomo, dal canto suo, per definirsi autenticamente felice, dovrebbe adoperarsi per essere un soggetto dinamicamente sempre più integrato dentro e fuori di sé, e far risuonare la sua volontà con quella del divino. 

Molti oggi sono conservatori: coniugano il loro tempo sempre al passato, non riconoscono la necessità e l’importanza di uno sviluppo in sé, svalutando il presente e il futuro. Sono più propensi a difendere le acquisizioni antiche e non si preoccupano di ottenerne di nuove. Altri, invece, sono progressisti: coniugano spasmodicamente il tempo al futuro. Sono più propensi a cercare acquisizioni nuove invece di salvaguardare la coerenza e garantire la continuità con quelle antiche. Sono ossessionati dal continuo cambiamento e ansiosi di spiegare eccessivamente tutto. 

Dio non manca di iniziativa ma, per condurre la sua vita, l’uomo ha ricevuto in deposito la capacità di decidere. Noi non sappiamo mai esattamente dove ci conducono le decisioni che prendiamo. Intervengono circostanze e sviluppi che, accettati docilmente, ci introducono in situazioni impreviste. Spesso, via via che si procede, ci si imbatte in momenti dolorosi che richiedono verità. Succede guardando un’alba, rimanendo costretti a letto a causa di un incidente, oppure incontrando un «angelo» che ha acceso una luce proprio nel luogo più oscuro del  cuore. Anche l’incontro con la mancanza di senso è un momento capitale nel processo di maturazione umana, perchè pone le basi per accendere il motore e partire in esplorazione. 

Nella relazione con l’altro sesso si nasconde quasi sempre il timore. C’è questa contraddizione interiore nella quale si mescolano l’attrazione e la paura. Anche nelle relazioni più mature, l’uomo ha paura della donna e la donna dell’uomo. Si trovano, infatti, davanti al mistero dell’altro: come affrontare con coraggio e rispetto la sorprendente realtà «che tu sei» e che «io non comprendo?»

Tobia ha paura di Sara, perchè non è della sua terra di origine ma più di tutto perchè i pretendenti che si accostano a lei muoiono. Tobia teme per la sua vita, teme di perderla, teme di perdersi per sempre. Sara ha già ucciso sette mariti, senza averli assassinati: si può essere uccisi simbolicamente. Vi sono parole che uccidono lo slancio, atteggiamenti che tarpano le ali alla speranza, abitudini che annacquano l’amore. Ad annientare quegli uomini è stata la freddezza, l’angoscia di fronte alla sessualità, la paura di una relazione con un uomo diverso dal padre. 

Anche Sara ha paura di quelli che le si accostano perché interessati a lei, e, mentre continuano a “scomparire”, lei desidera morire. Il suo attaccamento alla famiglia di origine e la sua spasmodica attenzione nel mantenere la purezza, non fanno fluire i sentimenti e questo uccide, perchè fagocita, ogni potenziale compagno. 

Sara è diventata la persona giusta per Tobia, quando egli ha liberamente deciso di aprirsi ad una radicale trasformazione che lo ha messo in viaggio dentro i suoi abissi più profondi guardandoli in faccia, invece di voltarsi dall’altra parte. Questa trasformazione interiore gli ha permesso di vincere la paura che albergava nel suo cuore.

Tobia è diventato la persona giusta per Sara, avendo ella liberamente operato dentro di sé il distacco dalla famiglia, dai pensieri maledicenti e persino da se stessa. Entrambi hanno fondato la loro relazione sulla «cura della verità», dice il testo biblico, qualcosa che li attrae l’uno verso l’altra, perchè ciò che essi cercano è il loro giusto posto nel mondo, come soggetti indipendenti e inter-dipendenti, in tensione verso una fecondità multiforme. Persone ‘giuste’ non si nasce, si diventa. Quando lo spazio di consapevolezza di sé diventa finestra aperta sulla ricchezza dell’incontro con la propria anima e quella di un altro; quando si diventa capaci di adottare, gli uni verso gli altri, atteggiamenti di attesa, di domanda e di silenzio, caratterizzati da un profondo ascolto e da un umile rispetto. Coloro che sono capaci possono risvegliarsi. Vegliare e risvegliare. 

Rimanere due e diventare uno: è la sfida più grande che l’amore coraggioso lancia in ogni tempo, a tutte le generazioni. 

La parola antica è sempre nuova, essa è davvero il sogno di Dio affidato all’uomo e alla donna, come esperienza di una comunione che cresce, come una solitudine che non è percorsa come approdo alla vita perchè l’approdo alla vita è il crescere della comunione. E’ il mistero del momento presente che riempie l’atmosfera di eternità. 

Ritengo che oggi la domanda più erotica da farsi reciprocamente sia: «Ti va di evolverci insieme?».

Le domande giuste ottengono la risposta giusta. E anche la persona giusta.

©Fotografia e testo di Elettra Ferrigno 

Un pensiero su “La persona giusta non esiste. Il racconto di Tobia e Sara, tra illusioni e falsi miti del nostro tempo.

  1. Credo che ogniuno di noi possa rispecchiarsi nella storia biblica di Sara e Tobia, sia chi è ancora in cerca di una persona con cui condividere la propria vita fin che morte non li separi, sia chi ha già trovato la persona giusta ed impara cammin facendo che gioia e dolore si affrontano insieme per dare buoni frutti e donarli ai propri figli perché possano continuare la propria vita nutrendola di amore e preghiera e continuare a donarla a chi seguirà dopo

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