Non sempre si ha bisogno di parole d’amore per parlare d’amore. Il regno di Dio è una parola d’amore. Più che un luogo è un battito del cuore, un’esperienza dinamica di incontro amoroso. Per incontrare qualcuno bisogna mettersi in movimento, «uscire incontro», come una sposa va incontro allo sposo. Tutta l’esistenza umana è un’uscita: dal grembo della madre, da ciò che siamo verso ciò che diventiamo, da una caduta verso una rinascita, dal passato verso il futuro. Il futuro è lo sposo. Il presente, invece, è una vergine che può essere saggia o stolta.
Vi sono uomini e donne che vivono di bisogni immediati e in vista di fruizioni altrettanto immediate; altri invece sono lungimiranti, capaci di uno sguardo che fende la nebbia, in grado di procedere in modo “illuminato” anche se è notte fonda all’intorno e non si vede niente. Essi mettono in bilancio non solo la stagione del bel tempo, ma anche quella delle intemperie. Tra la superficialità e la lungimiranza, nel mezzo, vi è lo spazio della libertà della creatura umana, che è in continuo aggiornamento rispetto alle scelte da operare. La prima fra tutte: vivere splendendo, coi sensi accesi, in modo autentico; oppure vivere con sguardo e cuore spento. Tra la superficialità e la lungimiranza, nel mezzo, vi è una lampada ad olio di cui ciascuno dispone per fare luce e orientare il proprio cammino verso la meta prefissata.
Se sperassimo come l’amante
che ha l’amore lontano
e tutti insieme sperassimo,
a un punto solo
tutta la terra uomini
e ogni essere vivente
sperasse con noi
e foreste e fiumi e oceani,
la terra fosse un solo
oceano di speranza
e la speranza avesse una voce sola
un boato come quello del mare,
e tutti i fanciulli e quanti
non hanno favella
per prodigio
a un punto convenuto
tutti insieme
affamati malati disperati,
e quanti non hanno fede
ma ugualmente abbiano speranza
e con noi gridassero
astri e pietre,
Il presente attende il futuro, in notevole ritardo. Uno sposo che si fa attendere pare che dichiari tacitamente che il matrimonio non s’ha da fare, che ogni gioia è compromessa, che sperare è un’illusione. Dietro l’angolo o dentro alla testa c’è sempre una voce che dice che non si può, che intima la resa, che ha in odio la novità. Dietro l’angolo c’è sempre un venditore di dolore e di fumo negli occhi. Sembra tutto spento, morto, finito.
purché di nuovo un silenzio altissimo
– il silenzio delle origini –
prima fasci la notte intera
e la notte sia al suo vertice;
quando ormai ogni motore riposi
e sia ucciso ogni rumore
ogni parola uccisa
– finito questo vaniloquio! –
e un silenzio mai prima udito,
quando si farà questo disperato silenzio
e stringerà il cuore della terra
e noi finalmente in quell’attimo dicessimo
quest’unica parola
perchè delusi di ogni altra attesa
disperati di ogni altra speranza,
quando appunto così disperati
sperassimo e urlassimo
certi che non vale chiedere più nulla
ma solo quella cosa
Proprio nel cuore della tenebra, lo sposo viene e si leva il grido del risveglio. Quel grido che è un giubilo di festa, ma anche espressione di un’urgenza. Il ritardo è un’aggiunta di grazia, tempo supplementare concesso per svegliarsi dal sonno, e cominciare ad amare davvero. La minacciosa descrizione del fallimento serve a risvegliare il presente dall’ozio e abilitarlo alla libertà. Anche se è ancora notte, e per vedere il futuro c’è bisogno di olio nella lampada. L’olio altro non è che la risposta all’amore. Lo abbiamo atteso, praticato, riconosciuto? L’olio è la cura, la premura, la responsabilità con cui l’uomo tiene acceso il proprio cuore. Per questo non lo si può prestare, perché ciascuno è responsabile per sé. Nessuno può chiedere ad un altro di agire al proprio posto. Rifondere l’olio significa resistere, perseverare, amare fino alla fine. Il verbo usato per le lampade è kosméo, che richiama l’idea dell’ordine ma anche quella della bellezza. La vergine, nell’ora e qui, si adorna di una lampada-gioiello perché lo sposo possa trovarla bella. Dietro l’angolo c’è sempre anche un venditore di olio: un volto da amare, una parola da ascoltare, una mano da stringere, un povero da accarezzare, due occhi da guardare. Ogni piccolo gesto è l’occasione per guadagnare olio, o perderlo. Per riabilitare alla vita un’esistenza, o consumarla del tutto. Ogni istante di tempo è come un ampolla: o è piena d’amore o è un vuoto ripiegamento su se stessi. Ogni atto d’amore compiuto divinizza la nostra umanità.
«Guarda lo sposo, ed esci all’incontro con Lui»: è il senso della vita. Se si guarda a Lui come fine, tutto si fa mezzo per andargli incontro. Rispondere al buio con la luce. Rispondere all’amore con l’amore è la vita dell’uomo, che poi è la vita stessa di Dio. E’ tutto acceso!
allora appunto urlassimo
in nome di tutto il creato
(ma tutti insieme
e a quel punto)
vieni da qualunque parte del cielo
o degli abissi della terra
o dalle profondità di noi stessi
(ciò non importa) ma vieni,
urlassimo solo: VIENI!
E lo Spirito e la sposa dicano: Vieni!
e chi ascolta dica: vieni!
e chi ha sete venga
chi vuole attinga acqua di vita
per bagnarsi le labbra
e continuare a gridare: vieni!
Allora Egli non avrà neppure da dire
eccomi, vengo -perchè già viene.
E’ così! Vieni Signore Gesù
vieni nella nostra notte,
questa altissima notte,
la lunga invincibile notte,
e questo silenzio del mondo
dove solo questa parola sia udita;
VIENI VIENI VIENI, Signore!
– Allora tutto si riaccenderà
alla sua luce
e il cielo di prima
e la terra di prima
non sono più e non ci sarà più lutto
né grido di dolore
perchè le cose di prima passarono
e sarà tersa ogni lacrima dai nostri occhi
perchè anche la morte non sarà più.
E una nuova città scenderà dal cielo
bella come una sposa
per la notte d’amore
Una porta si chiude e una si spalanca, per sempre. Non conoscere equivale a non corrispondere, a non amare. Dio rispetta la nostra risposta, al punto da farla sua. Attendere lo sposo, sperare contro ogni speranza equivale a vivere consegnandosi ogni giorno all’amore, aprire nel presente brecce di eternità, dimorare -ora e qui- nell’abbraccio di Colui che inaugura tempi nuovi.
– Allora il nostro stesso desiderio
avrà bruciato tutte le cose di prima
e la terra arderà dentro un unico incendio
e anche i cieli bruceranno in quest’unico incendio
e anche noi, gli uomini, saremo in quest’unico incendio
e invece di incenerire usciremo
nuovi come zaffiri
e avremo occhi di topazio:
quando appunto Egli dirà
«ecco, già nuove sono fatte tutte le cose»
D. M. Turoldo, “O sensi miei”
Testo e foto di Elettra Ferrigno ©
Bellissima e profonda riflessione Elettra!
Grazie per aiutarmi a nutrire di BUONO e BELLO il mio cuore!