La misericordia è un giubbotto di pelle nuovo!

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Riflettevo sul fatto che non c’è altro appellativo più azzeccato per Dio se non quello di Amore e Misericordia. in queste due parole si snoda tutto il mistero di Dio, dalla Creazione fino ad oggi, fino ad ora, fino a qui, fino a me. un mistero che coinvolge e sconvolge, che disarma e che ri-arma (addestra le mie mani alla guerra, le mie dita alla battaglia-cfr. Sal 143, 1),  che rianima e fa perdere i sensi.

è così che mi sento, contemporaneamente coinvolta e sconvolta, disarmata ma guerriera. davanti a questo Amore coabitano sentimenti di varia natura. nella liturgia della domenica appena trascorsa il Vangelo narrava la storia di quel figlio smarrito che torna dal Padre dopo aver vissuto in modo dissoluto. in quella storia c’è la mia storia, e probabilmente la storia di tanti che adesso stanno leggendo. ma nella mia testa questo Vangelo è stato associato al terzo capitolo della Genesi, un salto indietro di milioni di secoli. una manciata di pagine da sfogliare all’indietro nella Bibbia. dopo aver peccato, dopo aver disobbedito, Adamo ed Eva si accorsero di essere nudi e decisero di coprirsi facendosi cinture con delle foglie di fico intrecciate (cfr. Gen 3, 7). il passo dice ancora: “si aprirono gli occhi di tutti e due”. questo significa che Adamo ed Eva- ma mi piacerebbe tanto chiamarli “il genere umano” – si accorgono subito di aver sbagliato e immediatamente fanno esperienza della loro miseria, che trova la massima espressione nella nudità. è nella nudità che ci si mostra come realmente si è. per la prima volta nella storia della salvezza, il genere umano fa i conti con quella nudità che genera vergogna. si, il peccato genera vergogna perchè fa vedere come al microscopio la miseria in cui si è caduti, quella condizione fa prendere infallibilmente atto che siamo esseri dotati di intelligenza, ma che forse l’abbiamo usata male; che siamo esseri dotati di volontà, ma che forse l’abbiamo indebolita; che siamo esseri illimitatamente limitati. Il genere umano davanti ai propri limiti non si svela, si cela…

Bastava celarsi dietro a cinture intrecciate alla meno peggio, per nascondere ciò che si poteva, di modo da far credere che fosse tutto a posto. come quando invece che aspirare la polvere fai il mucchietto e lo nascondi sotto al tappeto, e illudi gli ospiti di avere una casa luccicante.

ma tuona una domanda: “Dove sei?”ATTENZIONE!!!!!!! non “cosa hai fatto? perchè l’hai fatto? come ti sei permesso, pezzo di ingrato? e bla bla bla…”

“Dove sei?”- la domanda esplode in un contesto paradisiaco che lascia intravedere la profonda serenità d’animo dell’Interlocutore. Nel giardino, mentre passeggiava, alla brezza del giorno. un’immagine che comunica pace. questo Dio si alza, va nel giardino, si mette a passeggiare, non per prendere l’aria mesta delle prime mattinate nè per cominciare la giornata con un pò di salutare footing. va nel giardino alla ricerca della Sua creatura. tu ti aspetti che vada lì per regolare i conti con lei, per fargli la Paternale (alla fine Lui davvero potrebbe permetterselo!!!), per infliggergli qualche severa punizione e invece che fa????? GLI REGALA UN GIUBBOTTO DI PELLE NUOVO (cfr. Gen 3, 21)!!!! di quelli morbidi, che fanno odore di nuovo, quelli che te li metti e ti senti improvvisamente ganzo. quel giubbotto che hai sempre guardato in vetrina e che forse non potevi permetterti. tu sei lì, con i capelli arruffati, la barba incolta, con i vestiti strappati, col cuore che ti fa male. Lui arriva e copre la tua desolazione.

Qualcosa di simile ci racconta anche Ezechiele:

Passai vicino a te e ti vidi mentre ti dibattevi nel sangue e ti dissi: Vivi nel tuo sangue e cresci come l’erba del campo. Crescesti e ti facesti grande e giungesti al fiore della giovinezza: il tuo petto divenne fiorente ed eri giunta ormai alla pubertà; ma eri nuda e scoperta.
Passai vicino a te e ti vidi; ecco, la tua età era l’età dell’amore; io stesi il lembo del mio mantello su di te e coprii la tua nudità; giurai alleanza con te, dice il Signore Dio, e divenisti mia. Ti lavai con acqua, ti ripulii del sangue e ti unsi con olio; ti vestii di ricami, ti calzai di pelle di tasso, ti cinsi il capo di bisso e ti ricoprii di seta; ti adornai di gioielli: ti misi braccialetti ai polsi e una collana al collo (Ez 16, 6-9).

 

Eccolo qui, il Padre che non cambia, il Dio fedele, che come tutti i padri affidabili fa fede sempre alle Sue promesse.

un Padre che non ti schernisce, un Padre che ha pietà della tua nudità e la copre, un Padre che ti mette addosso un giubbotto nuovo. un Padre che ti ridona una nuova dignità. la dignità di essere figlio, di essere Suo figlio. lo stesso Padre che alle prediche lunghe e vuote preferisce la festa, il vitello grasso, il bagnoschiuma più profumato che esista e l’anello al dito. solo una cosa è cambiata: con Adamo ed Eva è sceso in giardino passeggiando; avendo mandato Gesù nel mondo, il Suo Amore è diventato più smisurato.

Adesso, quando ti vede, Lui corre!

Elettra

 

 

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

Fratelli, se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove.
Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. Era Dio infatti che riconciliava a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione.
In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio.
Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio.

 

 

 

 

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