Un sabato mattina, non molto tempo fa, ho avuto il privilegio di poter visitare un luogo che non dà libero accesso ai visitatori; ho avuto l’opportunità di salire in alto e di contemplare un panorama insolito, non solo per la vista meravigliosa regalata da uno scorcio dei tetti rossi di Torino, coi suoi campanili e le montagne in lontananza che parevano dipinte a chiazze macchiaiole. Il privilegio è stato perlopiù legato al fatto che mi è stata data la possibilità di poter guardare il Cielo da una diversa prospettiva, di poter calpestare un luogo santo, di respirare una storia sacra, di poter sperimentare “le altezze”. Come Hugo Cabret, mi sono ritrovata tra ingranaggi giganti e rintocchi di campane che risuonano fino ai banchi di Porta Palazzo e rallegrano misticamente le vie del Quadrilatero. Una sfilza di gradini, via via sempre più alti e stretti, dentro corridoi a chiocciola, polverosi e angusti mi hanno condotto lassù: nel punto più alto della Basilica, dentro la Cupola dedicata a Maria Ausiliatrice. Dopo quella manciata infinita di gradini, ero lì, a toccare il cielo con un dito: su un ballatoio circolare in grado di regalare vertigini, anche ad una temeraria come me. Non è consigliabile guardare di sotto: il dipinto sovrasta i sensi, tanto è smisurato, e la sensazione è quella di voler allungare la mano e farsi tirare su per poter prendere parte alle scene raffigurate. «La vertigine non è paura di cadere, ma voglia di volare», cantava Jovanotti. E a star lì, c’è solo da confermare che è così, che ciò che si prova è voglia di volare.
Se fosse un film, “Il Paradiso è per tutti” sarebbe il titolo più azzeccato.
E, proprio come accade nei film, che partono dalla fine e pian piano dispiegano il nastro della storia, la fine coincide con l’inizio. Così, partendo dalla Cupola più alta della Basilica di Maria Ausiliatrice, si ha come la sensazione di esser finiti dentro ad un portentoso flashback cinematografico, in cui tutto, per cominciare, parte dalla fine, in un esordio che fa pregustare immediatamente la bellezza della destinazione, nella quale gemono e attendono di sbocciare i germi della vittoria finale, della pienezza della vita. Si scopre, così, che non si tratta di un flashback quanto piuttosto di un un vero e proprio flashforward, un’anticipazione di futuro. Il nastro di ciascuna vita si dispiega nel tempo, scorre lungo gli eventi della storia fino a riavvolgersi lungo la bobina del lieto fine, il Paradiso. «Per ogni fine c’è un nuovo inizio», scriveva Antoine de Saint Exupery. E la Cupola ce lo insegna, ce lo ricorda. Da lì è possibile rientrare in se stessi, ripartire, se necessario, ascoltando quel soffio divino che solo può colmare la voglia di infinito in noi. E’ la sintesi del cammino dell’uomo: preghiera e carità, rientrare in sé e spendersi, assorbire la luce e rilasciarla. Anche se il viaggio è lungo e faticoso, spesso insostenibile e incomprensibile, la Cupola ci rammenta che è previsto un ritorno a casa. Ad attendere, sull’uscio, c’è Maria Ausiliatrice, seduta sul trono col Bambino sulle ginocchia, con a fianco san Giuseppe. La Sacra famiglia è sovrastata dalla figura imponente del Padre e dalla colomba, simbolo dello Spirito Santo. Poi, come in una spirale senza fine, schiere di angeli e di Santi s’affacciano, si sporgono da tante terrazze di nuvole rosa per richiamare in alto lo sguardo e il cuore dello spettatore. Tutto ha il sapore dolce e tenue di un invito verso il Cielo che spalanca il cuore alla vertigine e alla grazia. La Cupola è la sintesi completa di una vita di fede, di ogni vocazione che richiede radici nella terra e capo sollevato verso l’alto. La semisfera, alla base del periplo, ci racconta uno spazio che si apre sulla valle dell’uomo e della storia. Uno spazio e una storia dei quali, con i suoi interventi, l’Ausiliatrice risulta protagonista: la battaglia di Lepanto, la battaglia di Vienna, la liberazione di Pio VII dalla prigionia napoleonica e l’attività di tanti religiosi impegnati nella diffusione del Vangelo, di don Bosco, dei missionari salesiani e delle figlie di Maria Ausiliatrice. Eventi tutti che rappresentano il doppio movimento del cuore di Maria: un centro che spinge vita verso i margini, un centro che pulsa vita sui confini. Due movimenti, due direzioni, come quelle di ciascun vocato, come quelle che ha percorso, con Maria, anche don Bosco: una verso le cose di Dio e una verso le cose quotidiane, nell’attenzione agli altri. La storia del santo non ci dà risposte, anche lui a suo tempo, aveva nel cuore molte domande, alle quali ci fu solo una risposta: “A suo tempo tutto comprenderai”. Lui fece di Maria Ausiliatrice il suo esodo, per strade e progetti nuovi si lasciò condurre, senza lasciare mai la Sua mano. La sua fatica è l’elogio di tutte le nostre fatiche, la sua storia, guardando la Cupola, è la consolazione di tutti i nostri limiti. A tutte le domande che ci assalgono, vale ancora quell’unica risposta: “a suo tempo tutto comprenderai”. Il cammino ammette il dubbio, sperimenta il bilico e l’equilibrio con la negazione lungo il suo tempo. E certo ci sono giorni in cui un credente cede, poco o molto, perché questa è la posta in gioco nella più difficile delle vocazioni umane. Per il nostro sguardo basso e disincantato, per le inevitabili e tormentose perdite di senso, per le porte chiuse della sfiducia e dello scoraggiamento c’è una sola chiave che apre la porta del Cielo: Maria. E’ Lei la chiave che certamente apre la porta di “casa nostra”, quella dimora dalla quale veniamo e che attende, trepidante, il nostro ritorno. Un ritorno che oggi si concretizza in un continuo sconfinamento: da noi verso l’altro, dall’orticello di casa al bene comune, dal buio del venerdì fino all’alba di pasqua, dall’istante all’eterno, dalla terra al cielo. E’ tutta colpa del Paradiso, quindi. Se don Bosco ha fatto suoi i sogni di Dio, ribaltando la sua prospettiva e il suo modo di guardare la terra. E’ tutta colpa del Paradiso, se anche noi siamo qui. Perché, se c’è qualcosa che apre la via all’assoluto, se c’è un’assicurazione che al di là di tutto -al di là persino della gioia e della pena, della nascita e della morte-, se c’è uno spazio che nulla soppianta, più forte di tutte le minacce, che non corre alcun rischio di distruzione, uno spazio intatto quello è proprio il Paradiso. Quel luogo che è per tutti e verso il quale, oggi, noi tutti stiamo andando.
Foto e testi di Elettra Ferrigno ©️
“….il Paradiso. Quel luogo che è per tutti e verso il quale, oggi, noi tutti stiamo andando.”
Grazie per avercelo ricordato perchè lo dimentichiamo facilmente . Proprio ieri una cara amica mi diceva che aveva chiesto al Signore il motivo dell’ improvvisa scomparsa del marito, avvenuta sabato mattina, e la considerava una tragedia. Le ho risposto che non c’è un motivo, Dio chiama quando e come vuole, bisogna solo essere pronti alla chiamata da parte Sua a tornare definitivamente a CASA. La vita vera è quella eterna. Ne sono più che convinta. Non mi resta che accrescere sempre più questa mia convinzione-fede e perseverare in essa fino alla fine. Gesù, Maria e lo Spirito Santo mi aiutino nel cammino. Ciao Elettra e Dio ti benedica sempre.
grazie Lucetta! ti abbraccio, Dio benedica anche te