Correva l’anno 2005 e Adriano Celentano divideva il mondo in lento e rock.
Le polpette sono rock, l’hamburger è lento; il doppiopetto è lento, i bluejeans sono rock.
Rockpolitik, 2005
Allora, questi brevi monologhi fecero la fortuna di un programma intitolato Rockpolitik, ed ebbero un enorme successo di pubblico perchè Celentano è sempre Celentano e rimane comunque un artista fuori dal comune. La moda di dividere il mondo in due categorie si diffuse rapidamente, soprattutto tra gli adolescenti, che adottarono per un po’ di tempo nel loro slang le parole ‘rock’ e ‘lento’ come sinonimi, rispettivamente, di ‘figo’ e ‘sfigato’. Tutto ciò che aveva una connotazione positiva, per Celentano, era rock, mentre il lento -declassato- andò a rappresentare la categoria degli eventi e delle cose da scartare. Ma nel 2005 non era ancora scoppiata la crisi, ed io guardavo ancora la TV. Poi arrivarono i ‘Mi piace’, i ‘Non mi piace’ e dulcis in fundo… i ‘Non mi piace più’, ma questa è un’altra storia.
Stamattina, in classe, osservavo un mio alunno e mi sono impensierita. La sua disabilità prevede una lentezza che dilata il tempo di comprensione dentro uno spazio che se ne frega dell’assolutismo, della perfezione, del ‘tutto e subito’. La sua disabilità non può dialogare con la mia velocità ed è necessario, dunque, il compromesso. Io vorrei accelerare ma lui mi impone di fermarmi, di rallentare, di non dare nulla per scontato. Di aspettare, se necessario. Anche più di 10 minuti. Un tempo lunghissimo per chi certe operazioni non si accorge nemmeno più di farle, tanto sono diventate automatiche. Una cosa che credevo ovvia, oggi, non mi è più concesso di considerarla tale. Vietato pensare per automatismi: è necessario negoziare. La negoziazione presuppone un’interazione con un altro soggetto al fine di conseguire reciproci obbiettivi. Ed è proprio mentre riflettevo sulla negoziazione che mi è venuto in mente Celentano, e l’eco di quel mondo diviso tra rock e lento si è improvvisamente sfracellata dentro un’aula al primo piano di uno stabile anni ’70.
AAA Cedo porzione di rock in cambio di provviste di lentezza.
Mentre pensavo ad un nuovo format televisivo dal titolo “Lentopolitik”, per un attimo ho sognato che il presentatore potesse esordire così: “Ci hanno mentito, ci hanno fatto credere che veloce è meglio, ma l’uomo è uomo e non è una macchina, ed è programmato per essere lento. Siate folli: siate lenti”.
La logica del mondo ci dice che per vincere bisogna arrivare primi, ma tra i banchi di scuola, dietro una cattedra, quella stessa logica viene ribaltata come una proiezione ortogonale, in cui il piano del lento coincide con quello del rock. Il sole sorge lento, un fiore sboccia lento e il popolo d’Israele fu lento ad entrare nella Terra Promessa e a potersi dire finalmente libero. Chi ha fretta è lento, chi sa aspettare è rock. Considero la lentezza una nuova forma di resistenza, il nuovo potere di chi decide come disporre del proprio tempo per arrivare alla meta. Certo che la raggiungerà.
Chi è lento è rock,
Adriano.